Donare Sangue o Plasma? Dipende

Da oggi la nostra rubrica “Pillole di sapere” di approfondimento sulla donazione e tutto ciò che ruota intorno al sistema sangue.

E non è finita qui! Hai curiosità, domande o argomenti che vorresti approfondire?

Scrivici! Insieme alla nostra esperta, la dottoressa Daniela Lasagni, ti faremo scoprire un mondo di…conoscenza

Il nostro primo articolo

 SANGUE O PLASMA? DIPENDE

 Donare sangue o plasma? La risposta a questa domanda dipende: 1) dai valori di emoglobina e ferritina (ferro di deposito, di riserva), 2) dal gruppo sanguigno, 3) e perché no, anche dalla pazienza del donatore.

1) Gli esami di laboratorio eseguiti per l’idoneità alla donazione e per controllo annuale servono anche per valutare quale donazione (sangue-plasma) e la sua frequenza/anno sia la più adatta per quel donatore, dato che l’obiettivo principale rimane sempre la tutela della salute del donatore, oltre a quella del ricevente.

Pertanto per valori di emoglobina o di ferritina che non permettono la donazione di sangue in toto, il donatore sarà indirizzato dal medico del Trasfusionale alla plasmaferesi, al fine di non ridurre ulteriormente tali parametri.

Questo vale anche per il donatore che pratica attività fisica intensa e per chi è portatore di trait talassemico (anemia mediterranea).

2) Passando al gruppo sanguigno, va ricordato che il gruppo AB è il cosiddetto donatore universale di plasma (l’alter ego dello 0 negativo per i globuli rossi).

Può essere quindi trasfuso a pazienti di ogni gruppo sanguigno in quanto privo di anticorpi naturali (anti A-anti B) responsabili di gravi reazioni trasfusionali.  Viene utilizzato in condizioni di emergenza, quando ad esempio non c’è il tempo tecnico per eseguire i test di compatibilità. Infatti negli ospedali provinciali è prevista una scorta di solo plasma AB per le richieste urgentissime, evitando in questo modo il viaggio per il ritiro delle unità al Centro Trasfusionale ed accorciando di conseguenza il tempo per la trasfusione.

3) Il plasma può essere ottenuto dalla centrifugazione dell’unità di sangue in toto, seguita dalla separazione dei globuli rossi oppure dalla procedura di plasmaferesi produttiva da unico donatore. La durata della procedura (40-45 minuti) è l’aspetto che frena maggiormente il donatore (che magari da sempre dona solo sangue) a scegliere la donazione di plasma. Un po’ di pazienza è pertanto necessaria, ma viene compensata dal fatto che la plasmaferesi è ben tollerata e che il tempo di recupero post donazione è breve in quanto il plasma è composto per la maggior parte da acqua (circa il 90%), proteine, fattori della coagulazione e sali minerali.

Si tratta di un sistema sicuro senza alcun rischio infettivo, perché viene utilizzato un set monouso, sterile inserito nel separatore cellulare. La procedura consiste in una fase di prelievo del sangue (con aggiunta di anticoagulante) che viene raccolto in un contenitore (campana), di una fase di separazione del plasma dai globuli rossi (mediante centrifugazione) che vengono poi restituiti al donatore.

Sono necessari di solito 3 cicli per concludere la procedura e raccogliere, secondo la normativa trasfusionale, 600 ml di plasma. L’unità raccolta è sottoposta a congelamento (Plasma Fresco Congelato) ed ha una scadenza di 24 mesi.

Il PFC viene utilizzato in parte per uso clinico e trova la sua indicazione nella correzione di deficit congeniti o acquisiti della coagulazione, in pazienti con importante sanguinamento in atto e sottoposti a trasfusione massiva di globuli rossi (emorragia acuta, politrauma, interventi chirurgici maggiori), nell’aferesi terapeutica con scambio plasmatico, cioè sottrazione del plasma del paziente e sostituzione con plasma di più donatori (ad es. nelle malattie autoimmuni).

In parte il PFC viene inviato al frazionamento industriale per la produzione di plasmaderivati: albumina, fattori della coagulazione, immunoglobuline (anticorpi) specifiche (ad esempio IG antitetano) o polivalenti (pool di anticorpi) che vengono utilizzate nella terapia sostitutiva di immunodeficienze primitive o secondarie e nel trattamento di patologie autoimmuni (ad es. miastenia grave).

 

Daniela Lasagni